Vortici, spirali, rotoli, possiamo chiamarli in tanti modi. Sono comunque dei buoni biscotti.
Ma a volte si fa presto a dire biscotti: una pasta frolla, qualche aroma, ed è fatta.
Già, magari fosse così semplice.
E lasciamo perdere le decine di varietà di biscotti di tutti i tipi: fermiamoci alla frolla.
Non è per niente semplice trovare quella giusta: quella che mantiene la consistenza, che si conserva a lungo, che non perde la forma e che tuttavia dopo lo scrocchio del morso iniziale si scioglie tra lingua e palato, liberando gli aromi imprigionati.
Ne provo e riprovo continuamente, nella speranza di ritrovare quella del ricordo, quella dell’infanzia, quella dei biscotti che la vicina di casa teneva, in quantità industriali, in un (brutto) portabiscotti di ceramica a forma di cestino, con una chioccia bianca dal becco giallo e la cresta rossa, a far da coperchio.
Forse qualcuno, in tempi passati gliel’aveva regalato per Pasqua, chissà. Magari era un caro ricordo di una vecchia zia, o il souvenir del viaggio di nozze che all’epoca era spesso l’unico viaggio fuori porta di tutta una vita.
Certo è che quando cercai di prendere due biscotti di nascosto e ruppi il coperchio, non la prese molto bene.
Però quella gallina portabiscotti era brutta davvero.
Ma i biscotti erano buoni. Ed erano più o meno come questi vortici, rustici, imprecisi, senza troppi fronzoli.
Quei biscotti che sanno di casa, di genuino. Di infanzia.
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